L a C a t t e d r a l e
E' storicamente accertato che la Diocesi stabiana abbia avuto, nel tempo, ben quattro Cattedrali che hanno ricalcato lo sviluppo storico ed urbanistico della Città.
La prima cattedrale, infatti, pare fosse situata nel territorio, oggi, di Gragnano, attorno alla via Perillo, nei secoli che vanno dal quarto al decimo. La seconda nei pressi del castello medievale; la terza al Quartuccio. La quarta, l'odierna, potrebbe essere la stessa che la terza, rifabbricata; poiché, al dire di alcuni autori, sotto l'abside dell'attuale Cattedrale furono trovate molte "lapidi e figure di canonici morti precedentemente".
Difatti in seguito al terremoto del 1456, che sconvolse il napoletano, la Cattedrale sita al Quartuccio era rimasta fortemente lesionata e sin d'allora si pensò ad una riedificazione dalle fondamenta.
Già il 17 settembre 1517 la Giunta municipale aveva eletto una Commissione formata da sei cittadini quali sovraintendenti ala frabica del novo Viscopato, con il compito di incaricare il celebre architetto Giovanni Donadio detto il Mormando, discepolo di Giuliano da Maiano, per lo desegno de dicto Episcopato. Si ignorano, però, i motivi che impedirono tale realizzazione.
Nel 1569 fu compiuto un secondo tentativo di costruzione da parte del vescovo Antonio Laureo che, però, non ebbe seguito.
Nell'anno 1581 assunse l'episcopato stabiese mons. Ludovico Maiorano, di Gravina, che risolse il problema Cattedrale.
Difatti tre anni dopo vendette quella antica: quandam Ecclesiam dirutam (una certa chiesa diruta) detta lo Vescovato vecchio sita al Castello: sitam et positam in eadem civitate et proprie ubi dicitur lo vaglio iuxta castrum", cioè il vallo, la fortificazione accosta al Castello.
Il ricavato di tale vendita fu investito nell'edificazione di una nuova Cattedrale.
Ed in effetti, con delibera comunale del febbraio 1587, la Città ne decise la riedificazione, eleggendo all'uopo una commissione comunale composta da: Giovanbattista Castaldo, Giovangeronimo de Masso, Giovangeronimo de Mayo, che affiancarono i deputati ecclesiastici, nominati dal vescovo, nelle persone del vicario generale Luca Longobardo, dell'arcidiacono Antonio Censone e del cantore Giulio Coppola, come tesoriere. La copertura finanziaria dell'opera fu assicurata dalla imposizione di una nuova gabella, quella del pagamento, da parte di tutti i cittadini di un tornese (moneta) per ogni rotolo (poco meno di un chilo) di carne salata, sugna, caso, oglio ed altre sorte de salsume che si vendono sia nelle poteche dei potechari sia nella Regia Dogana.
Il progetto venne affidato al regio architetto napoletano Pietro Antonio de Sanctis che fornì accurati disegni e progetti tecnici operativi: li modeli. L'opera fu appaltata ai mastri fabbricatori napoletani Santoro Cartolano e Paolo Fasano, che dovettero fornire anche i piperni (... boni et perfecti ... delli più forti e delli negri con le vene a traverso) che furono lavorati dai mastri pipernieri Ludovico de Lanzetta e Auxilio Coragio, della terra di S. Severino. Paolo e Cesare de Palma, padre e figlio, di Napoli, fornirono tutte le prete de tufo napoletano che bisognarando per fabrica del detto Vescovato. Furono utilizzati, in un primo tempo, 4000 pesi di calce di prete dello Scrajo bene cotta ... da portarnose in le calcare de fore la porta del Quartuccio o in le calcare delo Molo de detta città.
Intanto il Vescovo pone la prima pietra:
"A dì 22 de novembre 1587 [domenica] Ludovico
Mayorano episcopus Castelli maris buttò
la prima pietra alla fabrica dello
Piscopato della Cita de Castello ad mare
ut supra."
La costruzione, però, procede lentamente.
Nel 1618 si impone per la terza volta la Gabella del tornese a rotolo. Nell'anno 1643 la costruzione può considerarsi virtualmente terminata; tanto è vero che la Città concede cappelle gentilizie a varie famiglie, tra le quali quella di Giovan Camillo Cacace Presidente di [Regia] Camera [della Sommaria] e Gentil homo di Castellammare, il 30 giugno 1643. Da tale atto si capisce anche che la nuova Cattedrale fu costruita sullo stesso sito della precedente, perché quella fu diruta ... per farsi la nova forma della chiesa.
Nel 1634 le fabbriche sono interrotte, mentre nel 1661 la forma e la struttura sono molto belle e cospicue. Contiene tre navate, con cinque cappelle per lato, tutte di patronato laico. Nel 1668 vi è istallato anche il nuovo organo, a destra dell'altare maggiore.
Vi è ancora da dire che manca di Atrio, costruito nel 1713 a spese della città. Eccone l'inedita iscrizione, oggi non più esistente:
VIRGINIS IN COELUM ASSUMPTAE
ET DIVI CATELLI EPISC. CIVIS ET PATRONI
TEMPLUM PUB. PEC. AN. MDLXX [sic] RESTITUTUM
VESTIBULO DEMUM ET GRADIB. LAPID.
EXORNARUNT ORD. P.Q. STAB. AN.
MDCCXIII[Traduz. I nobili e il popolo stabiese, nell'anno 1713 fornirono di un atrio e di una scala in pietra la cattedrale, ricostruita con il pubblico danaro nell'anno 1570 [leggi: 1587] e dedicata alla Vergine Assunta e a San Catello vescovo, cittadino e patrono.]
La scalinata avanti l'atrio, in piperno di Soccavo, fu realizzata l'anno successivo.
Vi è da aggiungere che era stato bandito un concorso per la migliore iscrizione alla quale avevano partecipato, tra gli altri, Nicolò Giannattasio e Giovanbattista Vico.
Tale atrio, però, poggiato sopra quattro pilastri, che reggono tre archi, e dietro a questi appoggiate tre lamie a vela, dopo una cinquantina d'anni -poiché è stato costruito contro tutte le regole dell'architettura ... perché la malta è di cattiva qualità, come perché mal fondato ... ritrovandosi fermato sul lapillo rischiando il crollo- fu costruito ex novo nel 1774.
Questa l'iscrizione, inedita:
D. O. M.
VESTIBULUM HOC VETUSTATE LABENS
INSTAURATUM SUMPTIBUS QUONDAM
D. HORATII VACCARO PATRITII HUYUS CIVITATIS STABIENSIS
HAERES DEPUTATIQUE CURAVERE
ANNO DOMINI MDCCLXXIV
[Traduz. A Dio Ottimo Massimo. Gli eredi e i deputati provvidero a restaurare questo atrio, cadente per vetustà, con il lascito di Orazio Vaccaro, patrizio di questa città di Castellammare, nell'anno 1774].
Frattanto nel 1753, ad istanza del Capitolo e del Vescovo, la città rivolge istanza al re acciò si degnasse di fare impiegare detto sopravanzo [della Gabella Reale] per la rifazione della Chiesa Cattedrale, ricevendone risposta affermativa, con Real Dispaccio del 19.7.1755, sebbene la costruzione dell'Altare maggiore e la scalinata con balaustra di marmo, con imprimersi ne' marmi l'impresa [stemma] della città fondatrice inizi dopo il secondo R. Dispaccio del 24.2.1756. Nel 1760 la costruzione è terminata ed il vescovo la consacra solennemente il 12 aprile, sebbene la Bolla Pontificia di autorizzazione porti la data del giorno successivo.
Va notato che il vescovo, mons. Giuseppe Coppola, però, contravvenendo apertamente al dettato del R. Dispaccio, impresse ai lati della balaustra il proprio stemma gentilizio e non quello della città fondatrice.
Dopo la costruzione dell'Atrio e dell'Altare Maggiore, l'amministrazione comunale decise anche, con delibere del 9 e 22 maggio 1774, la rifazione dell'antico campanile che all'epoca si trovava nel giardino vescovile.
Ma il vescovo si oppose perché avrebbe dovuto cedere dieci palmi (meno di due metri) di terreno. Dopo varie polemiche, anche con l'intervento del re, nel 1782 la città decise di ricostruirlo su suolo comunale, ove è al presente, per una spesa complessiva di 7323 ducati.
Fino al 1875 la cattedrale non subirà ulteriori interventi radicali. In tale anno, su iniziativa del canonico primicerio Matteo Rispoli, e su iniziale progetto dell'architetto stabiese cav. Ignazio Rispoli, il 15 agosto, domenica, il vescovo Petagna diede inizio ai lavori per l'ampliamento della Cattedrale con la costruzione della crociera e presbiterio, poiché il tempio era ancora a forma basilicale.
Nel 1878, in seguito alla morte dell'architetto Ignazio Rispoli, la direzione fu affidata al figlio di quest'ultimo ingegnere Giovanni Rispoli, che provvide anche a redarre il progetto della nuova facciata del Duomo.
Nel 1879 inizia anche la costruzione della nuova cappella di San Catello. Nel 1880 fu recuperato dal monastero della Pace l'antico Coro ligneo e sistemato nell'abside, ove è tuttora. Tutti i lavori avranno termine nel 1893, tanto che il 13 agosto, domenica, il vescovo Vincenzo Maria Sarnelli consacrerà solennemente la cattedrale.
Nel 1985, dono della Banca Stabiese, essa è stata impreziosita dalle tre porte bronzee, opera dello scultore fiorentino Antonio Berti.
DESCRIZIONE DELLA CHIESA
La Cattedrale oggi è a croce latina, pavimentata con marmi di due tinte, bianco e bardiglio (grigio), ad ottagoni e quadrati, con tre navate e cinque cappelle per lato. Soltanto le cappelle del Santissimo Sacramento, di San Michele e San Catello hanno il pavimento di marmi colorati.
Entrando in chiesa dalla porta principale vi sono alle pareti quattro lapidi marmoree, due a destra e due a sinistra.
A destra, ecco la prima, in alto, più un monumento funebre che una lapide. Vi è impresso il volto dell'illustre concittadino Tommaso Angelo D'Arco con la sequela di tutti i suoi titoli:
D.O.M.
D. THOMAE ANGELO DE ARCOS
STABIANO
CENTURIONI EQUESTRIS DUCTORI TURMAE
SUMMO EQUITUM COMMISSARIOS
RHEGU MODERATORI
APUD CALABROS REI MILITARIS PREFECTUS
IN ITALIA HISPANIA LUSITANIA BELGIO
AN: IV ET XXX.
COLLATIS SIGNIS XXXVII
VULNERIBUS ACCEPTIS INNUMERIS
IMPERY AUSTRIACI
PROPUGNATORI
PATRIAE REDDITO SUBLATOQ:
LAPIDEM HUNC LAUDIS MONUMENTU
ROMULEAE ACADEMIAE STYLO INSCULPTUM
D. MATTHAEUS CATALDUS CHORI DECANUS
D. CAESAR COPPOLA PATRITIUS IOSEPH DE IOHANNE
CIVI INVICTISSIMO
HAEREDITATIS ADMINISTRATORES
P.P.
AN. A PARTU VIRGINIS
M.D.C.L.XXX.VII [1687]
La seconda, in basso, ricorda i lavori di ampliamento della Cattedrale, iniziati dal Vescovo Petagna il 15 agosto 1875 e culminati con la consacrazione della chiesa da parte del vescovo Sarnelli il 13 agosto 1893:
D.O.M.
ANNO IUBILAEI EPISCOPALIS LEONIS PAPAE XIII
IN HUJUS SOLEMNITATIS MEMORIAM
TEMPLUM HOC MAXIMA EX PARTE
NOVITER A FUNDAMENTIS EXTRUCTUM
PER TOTUM SCULPTURIS AURO ET PICTURIS DECORATUM
DEO FAVENTE EST EXPLETUM
FRANCISCUS XAVERIUS PETAGNA EPISCOPUS
ECCLESIAE STABIANAE BENEMERENTISSIMUS
MAGNO ANIMO INCOEPIT DIE XV AUGUSTI M.D.CCC.L.XX.V.
SUCCESSOR EJUS CONSECRAVIT DIE XIII AUGUSTI M.D.CCC.XC.III
[Traduz. Questo Tempio, per la maggior parte ricostruito dalle fondamenta, decorato ovunque di pitture e di sculture auree, è stato condotto a termine col favore di Dio nell'anno del Giubileo episcopale del Papa Leone XIII e a ricordo di tale solennità. Francesco Saverio Petagna, benemerentissimo Vescovo della Chiesa stabiana, con grandezza d'animo, ne iniziò la ricostruzione il giorno 15 di agosto dell'anno 1875 ed il suo successore (Vincenzo Maria Sarnelli) lo consacrò il giorno 13 agosto dell'anno 1893.]
Al lato sinistro altre due lapidi.
La prima, in alto, ricorda la venuta di Papa Pio IX a Castellammare il 22 ottobre 1849:
PIUS IX P. M.
ROMANA SEDE EXTORRITIS
HUC ADVENTANS XI KAL. NOV. M.D.CCC.XL.IX
ICDBILI. INCOLARUM ACCOLARUM MLTINE ET PLUSU
POSTQUAM AD MAJUS TEMPLUM DEDUCTUS
SOLACIO BENEDICTIONIS DIVINAE EUCHARISTIAE
AB ARCHIDNO VICARIO CAPITULARI
RECREATUS EST
HISCE IN AEDIBUS
MAIORIQUO LICUIT HONORE EXCEPTUS
CAPITULO CATHEDRALI CLERO ORDINIQUE CIVILI
UT SIBI PEDES DEOSCULARENTUR
SUMMA BENIGNITATE INDULSIT
MOX DISCESSURUS
STANS IN EJUSDEM TEMPLI VESTIBULO
SOLEMNEM BENEDICTIONEM
POPULO GESTIENTI IMPERTIVIT
CUJUS REI MEMORIAM NE TEMPUS INTERCIPERET
ARCHIDUS CATELLUS RAPHAEL LONGOBARDI
AERE SUO TESTEM POSTERIS LAPIDEM
PONENDUM CURAVIT
La seconda, in basso, la dedicazione della Cattedrale il 12 aprile 1760 dopo i lavori di trasformazione attuati dal vescovo Giuseppe Coppola:
D.O.M.
DEIPARAE VIRGINI IN COELUM ASSUMPTAE
IOSEPH COPPULA
STABIANAE ECCLESIAE PRAESUL
TEMPLUM HOC AERE PROPRIO
RESTAURATUM ORNATUMQ
SOLEMNITER D.D.
ANNO DNI M.D.CC.LX. PRID.ID.APRILIS.
[Traduz. A Dio ottimo massimo. Giuseppe Coppola, Vescovo della Chiesa stabiana, con proprio danaro restaurò ed abbellì questa chiesa dedicata alla madre di Dio Madonna Assunta, il 12 aprile 1760.]
NAVATA CENTRALE
La navata centrale comunica con le laterali per mezzo di cinque arcate per lato.
Dieci pilastri in piperno, rivestiti di stucco, reggono l'elegante cornicione "ricco di medaglioni, rosette, ovuli, dentelli ed ornato di dorature finissime". Nei fregi della navata centrale si legge con lettere di legno dorato il seguente salmo:
SCITOTE QUONIAM MIRIFICAVIT DOMINUS SANCTUM SUUM. AFFERTE GLORIAM ET HONOREM NOMINI EIUS.
Sulla volta vi sono tre affreschi di Vincenzo Paliotti del 1893.
I due più piccoli rappresentano San Catello nel carcere di Roma riceve la visita di San Gregorio Magno non ancora Papa e San Catello liberato dal carcere e ricevuto da San Gregorio Magno divenuto Papa. Quello grande il Ritorno di San Catello a Stabia.
Questi tre affreschi sono circondati da dieci lunette, cinque per lato, che rappresentano le dieci virtù che più rifulsero in San Catello. Esse sono: la longanimità che offre il diadema, lo zelo stringe e calca serpenti, l'affabilità ha le braccia conserte, la costanza ha in mano la palma e ai piedi una corona, l'elemosina protende la mano e ripone l'obolo raccolto, la preghiera recita la corona guardando il crocifisso ed un teschio, il perdono ha le mani congiunte per obbedire ai supremi voleri, la fede con le braccia in croce guarda il calice con l'ostia, la speranza tocca un'ancora, e la carità carezza i fanciulli.
In fondo alla porta d'ingresso, vicino al maestoso organo, sono dipinti i due patriarchi Noè ed Abramo. L'organo in legno scolpito, laccato e dorato è situato su una grande balconata retta da quattro colonne. Il prospetto architettonico e monumentale è attribuito agli artisti che collaborarono alla vasta opera di ampliamento del Duomo ed è, quindi, opera promiscua dell'architetto Giovanni Rispoli, dello scultore Luigi Prezioso e del doratore Francesco Galante.
In mezzo all'arco maggiore vi è lo stemma di Papa Leone XIII, poiché il Duomo fu consacrato dell'anno 1893 che fu l'anno del giubileo episcopale di questo Papa.
I quattro pilastri che reggono la cupola "sono accordati insieme da quattro archi maggiori, i cui fondi spartiti a cassettoni, si vedono ornati colle effigie dei sedici profeti". I profeti maggiori sono: Isaia, Geremia, Ezechiele, Daniele. I dodici minori: Gioele, Amos, Aggeo, Zaccaria, Michea, Giona, Malachia, Nahum, Osea, Sofonia, Abia, Abacuc.
Nella cupola è dipinta la visione dell'Apocalisse, nelle vele i quattro evangelisti: San Giovanni con l'aquila, San Matteo con l'angelo, San Luca col bue e San Marco col leone. Tutti questi dipinti sono del D'Agostino.
Nella cupola segnaliamo i busti degli otto santi Vescovi che si sono distinti nel celebrare la grandezza e la gloria della vergine Maria. Essi sono: San Pio V, San Germano, San Pier Damiani, San Ildefonso, San Bonaventura, Sant'Anselmo, San Francesco di Sales e Sant'Alfonso.
I lavori in stucco della Cattedrale, tutti a rilievo, sono dello scultore Luigi Prezioso mentre le dorature, "di oro finissimo di prima qualità", del doratore Francesco Galante.
A terra, al centro della navata, antico sepolcro dei sacerdoti stabiesi, con iscrizione in marmo del 1677:
AMPLISSIMIS SACERDOTUM
CINERIBUS UT QUOS UNUS
DIGNITATIS CONIUNXIT
AMOR UNUS IDEMQUE
ASTRINGAT TUMULUS
SAPULCRUM HOC
SACERDOTUM INSTITUIT COLLEGIUM
STABIENSE
AN MDCLXXVII
NAVATA DESTRA
Cappella di San Nicola
Entrando in chiesa, la prima cappella, a destra, è dedicata a San Nicola e fu fondata nel 1268 dalla famiglia de Rogatis. Sull'altare centrale un bel dipinto, di Giovanbattista Spinelli (XVII secolo), recentemente restaurato, che rappresenta San Nicola di Mira.
Sulla parete di destra Santa Barbara e di sinistra Sant'Antonio da Padova entrambi di datati 1776 e firmati da Salvatore Mollo, un allievo del Cestari.
Santa Barbara è a destra in atto di inginocchiarsi e guarda in alto. Indossa abiti vaporosi e ricchi di drappeggio, con veste gialla e bianca e mantello rosso azzurro; sul capo il diadema del martirio.
Sant'Antonio da Padova è a sinistra e sta per inginocchiarsi alla presenza del Bambino Gesù che è a destra in alto su di una nuvoletta. Sullo sfondo motivi architettonici e un drappo rosso.
Ai lati del transetto si notano gli stemmi gentilizi della famiglia de Rogatis in marmo policromo.
A terra la seguente lapide del 21 luglio 1757, priva dello stemma gentilizio e ormai illeggibile:
D.O.M.
MEMORIAE PERENNI RAPHAELIS DE ROGATIS
PATRITIIS PATAVIN AC STABIENSIS
QUI MONUMENTUM HOC
PERDIU RERUM CADUCAR MEMOR
SIBI SUISQUE ESTRUENDUM CURAVIT
XII KAL. AUG. AN. MDCCLVII
Vi erano, inoltre, altre due lapidi marmoree, una del 1611 e l'altra del 1575, oggi più non esistenti.
Questa Cappella fu donata il 5 febbraio 1808 dai de Rogatis al generale del Gran Mogol, lo stabiese Catello Filose.
Cappella della Vergine del Rosario
Per fondazione della famiglia Cacace, ma ceduta nel 1825 a Catello Giordano.
Nell'anno 1821 era di patronato del Monastero dei Miracoli di Napoli.
Al centro sull'altare tavola della Madonna del Rosario del 1570 opera, secondo alcuni, di Ludovico de Maio, ma secondo studi recentissimi di un ignoto pittore napoletano del ‘500.
In origine questa tavola era in una cappella gentilizia della famiglia de Caro in San Lorenzo Maggiore di Napoli; questa cappella per successione materna pervenne al Reggente del Collateral Consiglio Giovan Camillo Cacace, stabiese. Difatti il padre, Giovan Bernardino Cacace, stabiese, aveva sposato Vittoria de Caro.
Orbene negli anni tra il 1643 e 1649, Giovan Camillo Cacace diede incarico al celebre Cosimo Fanzago di rifare l’intera cappella, che era dedicata alla Vergine del Rosario. Incaricò, allora, il pittore Massimo Stanzione di dipingere per la sua cappella un’altra Vergine del Rosario, trasportando in questa sua Cappella di Castellammare il dipinto su tavola più antico.
Questa tavola è dell'a fine del 1500. Le figure sono tutte a grandezza naturale. Il gruppo dei santi è diviso in due parti da un paesaggio ideale di città turrita.
A destra le sante Caterina da Siena (dell’Ordine Domenicano, 1347-1380), Lucia da Siracusa (sarebbe S. Lucia, martirizzata nel 304). e Margherita (Marina, martire) d'Antiochia; a sinistra i santi Domenico di Guzman (1170-1221), Francesco d'Assisi (1182-1226) e Francesco di Paola (1416-1508).
Purtroppo lo stato di conservazione non era buono, tanto è vero che si denotavano cinque lunghe spaccature che rivelavano le giunture delle assi di legno.
Furono anche trasportati dalla cappella di Napoli altre due quadri: a destra una Natività e, a sinistra, una Assunzione opere del pittore molisano Giovan Vincenzo D’Onofrio da Forlì, noto come Giovan Vincenzo Forli (sec. XVI), ancora oggi esistenti in detta cappella.
Nella Natività in primo piano vi è la Vergine con manto azzurro su veste rossa, a destra San Giuseppe vecchio e canuto in preghiera. A sinistra un gruppo di pastori. Al centro, in basso, un pastorello ha deposto una pecorella ai piedi di Gesù.
L'Assunzione mostra un gruppo di Apostoli presso il sepolcro vuoto della Vergine che si trova in alto bella e luminosa seduta su un trono di nuvole. Ha gli occhi bassi, capelli biondi e lunghi, le mani giunte. Indossa il manto azzurro scuro su una veste rosa chiaro.
Nella parete di sinistra si ammira il sacello del Vescovo Agostino D'Arco.
Ai lati dell'altare vi sono gli stemmi della famiglia Cacace.
A terra lapide marmorea del 1825, con stemma della famiglia di Catello Giordano, di tal tenore:
SACELLUM DONATIONE OBTENTUM ARAMQ
D.O.M.
DICATAM
SUB SMI ROSRI US. DAE. INVOCATIONE
ET SARCOPHACU NUPR EXCITATU
PRO
SE SUISQUE CINERIS ASSERVANDUM
CATELLUS
EX NOBILI JORDANORUM FAMILIA
AERE SUO
RESTAURANDAM EXORNANDUMQ
CURAVIT
ANN P.P. V MDCCCXXV
(Dio Ottimo Massimo. Questa sepoltura e questa Cappella, dedicata alla Santissima Vergine del Rosario, ottenuta per donazione, fu restaurata da Catello, della nobile famiglia Giordano, con danaro proprio, nell’anno 1825)
Cappella di San Catello
Per fondazione, ab immemorabile, della famiglia Coppola.
Questa cappella fu realizzata, al posto dell'antica cappella del Crocifisso, durante i lavori di ampliamento della Cattedrale voluti dal vescovo Vincenzo Maria Sarnelli.
Le cronache infatti dicono che nell'anno 1879 iniziarono i lavori di questa nuova Cappella, su progetto dell'architetto Ignazio Rispoli e sotto la direzione dell'ing. Giovanni Rispoli.
Lo stuccatore della cappella fu il maestro stuccatore in lucido Paolo Amato, mentre la tettoia in tegole fu opera del maestro fabbricatore Nicola Esposito.
Entrando vi è prima una anticappella o ambulacro ove, a destra, vi è il sepolcro marmoreo del vescovo Agostino D'Arco, inaugurato il 6 novembre 1967 e, a sinistra, quello del vescovo Francesco Saverio Petagna, opera dello scultore Mossuto, con la seguente iscrizione:
FRANCISCO XAVERIO PETAGNA
CASTRIMARIS STABIARUM ANTISTITI
SINGULARI ANIMI PIETATE MENTIS QUE DOCTRINA SPECTATISSIMO
QUI SEMINARII ALUMNOS AD ABSOLUTISSIMUM EXEMPLAR MODERATUS
CATHEDRALIS AEDIS LAXATIS SPATIIS AMPLIANDAE OPUS AGGRESSUS
CUJUSCUMQUE INOPIAE LEVANDAE SE SUA QUE OMNIA TRADIDIT
VINCENTIUS M. SARNELLI DECESSORI SUO
CANONICI ET CLERUS UNIVERSA URBS AC DIOECESIS
PASTORI BENEMERENTISSIMO
PP.
VIX ANN LXVI DIES IV SED ANN XXVIII
OBIIT XVII KAL JANUARIAS A D MDCCCLXXVIII [16.12.1878]
Più avanti, a sinistra una lapide in bronzo, su disegno di Vincenzo Galloppi, che ricorda l'eruzione del Vesuvio del 1906 ed il patrocinio ottenuto da San Catello in tale vicissitudine:
SANCTO CATELLO PATRONO
QUOD EIUS SIMULACRO AD MARE LITUS
VI IDUS APRILIS AN. M.CM.VI
CONTRA MONTEM VESUVIUM
IN SUBIECTA OPPIDA DIRE SAEVIENTEM
PIA SUPPLICATIONE DELATO
MOX IGNITAS CINERUM NUBENS
STABIANAM QUOQUE GENTEM MINITATEM
PRAESENTI OPE EXPULERIT
EPISCOPUS CLERUS POPULUSQUE
AD TANTI BENEFICI MEMORIAM
GRATI ANIMI MONUMENTUM
ULTRO VOLENTES POSUERUNT
Di fronte un'altra lapide, in marmo, che ricorda l'alluvione del 1764:
INGENTI AQUARUM PLUVIARUM COPIA
AB INSTANTIBUS MONTIBUS IRRUENTE
NOCTE INTEMPESTA
XIV KAL. FEBRUARIAS AN. MDCCLXIV
STABIIS MISERRIME EXUNDATIS
SANCTUS CATELLUS PATRONUS
SERVATOR ET CUSTOS ADFUIT
TERTIUM AB ILLA INCOLUMITATE
ANNO QUINQUAGESIMO REDEUNTE
POSTER MEMORES GRATIQUE
EPISCOPO DIOCESANO CURANTE
XV KAL. FEBRUARIS AN. MCMXIV
QUI DIE EX VOTO MAJORUM
SACRA SOLEMNIA QUOTANNIS
PRO GRATIARUM ACTIONE CONCELEBRANT
TITULUM POSUERUNT
Prima di entrare nella Cappella vera e propria vi è un corridoio: a destra si va in sagrestia e a sinistra in canonica. In alto vi sono dei medaglioni che rappresentano i Vescovi stabiesi, opera del decoratore Giuseppe Lamonica di Gragnano.
Entrando, poi, nella Cappella, a sinistra, in una nicchia, si osserva una bella statua lignea del '700 rappresentante San Clemente Papa. Questa statua, già nella sala capitolare, proviene dalla chiesa della Vergine della Saletta di Sant'Antonio Abbate. Il Santo ha l'aspetto di un vecchio profeta con barba e capelli lunghi e grigi. Indossa solenni abiti pontificali e orientali. Sul capo il triregno, nella destra una penna d'oca in legno dorato, gli occhi di cristallo. E' stata restaurata ai tempi del vescovo D'Arco.
Alle pareti laterali fanno bella mostra di sé due monumentali reliquiari, su cassettoni di legno scolpito, dorato e laccato, a forma di croce, realizzati su progetto di padre Brunone da Castellammare dallo scultore Luigi Prezioso e dal doratore Francesco Galante nel 1882.
I reliquari non sono che dei grandi armadi a muro con porte a vetro. Le vetrine e le vetrinette per le reliquie dei santi sono cinque nella sagoma della croce, cinque nelle ghirlande, tre a destra e tre a sinistra della croce, cioè una in alto e due in basso, otto tra gli spazi liberi delle ghirlande.
Nella cupola è rappresentata la Gloria del Santo. Nei cassettoni a volta i dodici apostoli in campo d'oro. A lato degli archi nelle lunette triangolari sono effigiate le quattro virtù cardinali: la Prudenza con lo specchio e un lume, la Giustizia con la bilancia, la Fortezza con scudo e spada e la Temperanza che coglie la palma.
Ai lati dei due grandi finestroni a vetri colorati sono effigiati i quattro santi protettori della città: San Francesco d'Assisi, San Domenico, San Vincenzo e San Francesco Saverio. Tutti i dipinti sono del Paliotti.
Sull'altare l'antica statua lignea di San Catello, realizzata nel 1609 da un anonimo artista napoletano di nome Giovanbattista.
Questa statua, in origine soltanto indorata, fu successivamente dipinta come noi oggi la vediamo. Viene portata in processione due volte l'anno: il 19 gennaio, festa del Santo, e la seconda domenica di maggio, con gran tripudio di popolo.
L'altare è di marmi fini e bronzo dorato. Sotto la mensa vi è un sarcofago paleocristiano del III secolo, che fu trovato sotto questa cappella durante i lavori di scavo. Rappresenta il Buon Pastore. Infatti "nel mezzo si vede scolpita una matrona in piedi con chitone e mantello; essa sostiene con le due mani un volumen; alla sinistra ha una ragazzina che porge una cassetta. Alle due estremità sono scolpiti due pastori: quello a sinistra è giovane e imberbe, quello a destra è di età matura e quasi barbato. Portano sulle spalle un ariete. Questo sarcofago, in cui era sepolta una giovane cristiana di nome Cornelia Ferocia, è uno dei più antichi sarcofagi cristiani con il simbolo del Buon Pastore". (F. Di Capua).
Ai lati dell'altare due opere di Francesco Filosa del 1957: a destra l'eruzione del Vesuvio del 1906 e a sinistra una scena della guerra del 1940 e in alto sull'arcosolio gli stemmi di Mons. Petagna e Mons. Sarnelli e sull'arco è scritto: POSUIT ME DOMINUS CUSTODEM POPULI MEI [Traduz. Il Signore pose me come custode del mio popolo.]
Nella volta sull'altare è dipinta la Madonna in mezzo agli angeli; nel muro sopra l'arco d'ingresso alla cappella, in un gran quadro, è dipinta l'apparizione dell'arcangelo Michele a San Catello e Sant'Antonino sul monte Faito, opere di Vincenzo Paliotti.
Cappella di sant'Anna e San Gioacchino o della Sacra Famiglia o Visitazione
Questa Cappella era di patronato del Capitolo Cattedrale.
Sull'altare statue in legno e teloplastico di Sant'Anna e San Gioacchino del secolo XIX. I volti, le mani e i piedi sono di legno. E' un pregevole lavoro di ignoto artista napoletano tra il '700 e l'800. I manichini di stoppa, caratteristici della scultura sacra napoletana tra il XVII e XIX secolo, furono sostituiti con cartapesta. Il panneggio fitto, tremolante e gessoso mette in maggior rilievo le nobili sculture dei volti, a sinistra di Sant'Anna e, a destra, di San Gioacchino molto anziani. Al centro vi è la vergine bambina. La cornice della nicchia in legno scolpito e dorato è decorato da una fascia di palmette neoclassiche.
Nella parete di destra tela di San Filippo Neri e a sinistra Visitazione della Vergine di Giacinto Diana, firmato e datato 1802.
La tela di San Filippo Neri fu fatta eseguire probabilmente dal Vescovo Giuseppe Coppola della Congregazione dell'Oratorio, cioè un filippino, tra il 1750 e 1760, e sembra ispirata alla celebre tela di Guido Reni di Santa Maria in Volpicella a Roma. Essa si trovava nell'attuale Cappella dell'Immacolata che all'epoca del Vescovo Coppola era, invece, dedicata a San Filippo Neri.
A destra sepoltura del Vescovo Petagna, con l'iscrizione che ricorda il trasferimento dei suoi resti mortali dal cimitero alla Cattedrale, avvenuto il 18 dicembre 1907:
OSSA ET CINERES
FRANCISCI XAVERII PETAGNA
CASTRIMARIS STABIARUM EPISCOPI
SUCCESSOR MICHAEL DE IORIO
SUIS VOTIS
CAPITULI CATHEDRALIS UNIVERSAEQUE DIOECESIS CLERI
OBSECUNDANS
E COMMUNI SEPULCRETO
MAGNO POPULI CONCURSU
XV KAL IANUAR A D MCMVII
HUC TRANSFERENDA CURAVIT
[Traduz. Il vescovo Michele de Iorio, assecondando la volontà del Capitolo del Clero e di tutta la Diocesi, il 18 dicembre 1907 si preoccupò di trasferire qui le ossa e le ceneri di Francesco Saverio Petagna vescovo di Castellammare di Stabia.]
A terra sepoltura del Capitolo, con iscrizione:
MEMORARE NOVISSIMA TUA
Eccl. VII
CAPITULUM STABIENSE
ANNO MDCCCIII
Cappella dell'Immacolata
Sull'altare statua lignea dell'Immacolata, donata nel 1838 da mons. Scanzano al Capitolo Cattedrale..
Sul muro di destra in alto bassorilievo in stucco di Maria bambina presentata al tempio e in basso una statuetta del Bambino Gesù in legno della seconda metà dell'800. "E' il tipico bambino da bacio" per le funzioni del Natale. Il bambino, dal viso triste e corrucciato, stringe le mani al petto e nelle mani stringe il pannolino giallo avorio che gli copre i fianchi. è una discreta fattura di arte devozionale.
Sulla parete di sinistra bassorilievo in stucco dell'Annunciazione e in basso statua in cartapesta di Lecce di Sant'Antonino, donata nel 1926 dal preposito della basilica di Sorrento del Santo.
I due bassorilievi sembrano la realizzazione plastica di un dipinto di gusto solimenesco. Il primo bassorilievo mostra Anna e Gioacchino preceduti dalla piccola Maria che con speditezza e con gioia si accinge a salire lo scalone del tempio. Più a sinistra il sommo sacerdote, in abiti pontificali classici, tende le braccia alla Vergine.
Nel secondo bassorilievo due sole figure dominano la composizione: a sinistra la Vergine e a destra l'Arcangelo Gabriele.
Questi bassorilievi sono stati certamente realizzati nel 1838, tempo in cui la cappella fu dedicata all'Immacolata in seguito alla donazione della statua della Vergine da parte del vescovo Angelo Maria Scanzano al Capitolo Cattedrale.
Ai lati dell'altare gli stemmi del Vescovo Giuseppe Coppola.
NAVATA SINISTRA
Cappella del Battistero
Al centro tela incompiuta del pittore stabiese Giuseppe Bonito rappresentante la Consegna delle chiavi a San Pietro, acquistato nel 1888 dal Comune di Castellammare presso un lontano parente dell'artista, su consiglio del pittore Domenico Morelli.
Sotto il quadro vi è il battistero in marmo.
Alle pareti tempere di F. De Nicola: a destra il battesimo di Gesù e a sinistra Gesù e i fanciulli.
A sinistra una colonna paleocristiana in marmo con capitello, ritrovata nel sottosuolo della Cattedrale.
Cappella di Lourdes
Anticamente questa Cappella era dedicata a San Gaetano, ove vi erano le antiche sepolture dei Vescovi stabiesi.
Al centro uno scenario in stucco e sughero con statue della Madonna di Lourdes e di Bernadette.
A destra dipinto a tempera del Franciosa, datata 1929, rappresentate l'apparizione della Vergine con l'acqua miracolosa scaturita dalla roccia a Massabielle; a sinistra tempera di F. De Nicola, datata 1929, che rappresenta la Processione dell'eucaristia.
In questa cappella vi era una tela raffigurante la Madonna, San Tommaso e San Gaetano del pittore F. Tirone, datata 1747, con lo stemma del Vescovo Pio Tommaso Milante. Spostata in un primo tempo in sagrestia, oggi la tela si trova nel braccio sinistro della crociera.
A terra la lapide dell'antica sepoltura dei Vescovi:
SARCOPHAGUS
EPISCOPORUM
SANCTAE
STABIENSIS
ECCLESIAE
ANNO DOMINI
MDCCXLV
[Traduz. Sepolcro dei Vescovi della Santa Chiesa stabiese. Anno del Signore 1745.]
Questa Cappella è stata completamente restaurata nell'anno 1998.Cappella della Madonna del Carmine
Questa Cappella era di patronato della famiglia Longobardi.
Al centro tela della Vergine che libera le anime del Purgatorio di Angelo Mozzillo datato 1793.
Alle pareti laterali vi sono due tondi a tempera rappresentanti, a destra Santa Teresa del bambino Gesù e a sinistra Santa Margherita di Marillac.
Al centro della parete di destra la seguente lapide marmorea che ricorda il restauro della cappella ad opera di Raffaele Longobardi nel 1853:
SACELLUM HOC
TEMPORIS VETUSTATE FATISCENS
RAPHAEL LONGOBARDI
FERDINANDI II UTRIUSQUE SICILIAE REGIS
PRIMUM AB INTERNIS NUNC VERO A IUSTITIAE CLEMENTIAEQUE SECRETIS
ET IN HOC CITRA PHARUM REGNO SUPREMI DE IURE CONSILII PRAESES
GRANDIS CRUX EQUESTRIUM ORDINUM
FRANCISCI I S. IOSEPHI ETRURIAE NEC NON DIVI GREGORII MAGNI
PONTANIANUS HERCULANENSIS
ATQUE ARCHEOLOGICAE FACULTATIS IN BELGIO SOCIUS
SI QUANDO CINERES POST TOT TANTOSQUE EXANTLATOS LABORES
HEIC TANDEM REQUIESCERENT UBI NATALEM DIEM INSPEXERE
QUOD A MAIORIBUS ACCEPIT DECENTIUS ORNATIUSQUE REDDIDIT
ANNO DNI MDCCCLIII
In alto, al di sopra del quadro sull'altare centrale, vi è un'iscrizione, fatta affiggere nel 1760 da Ferdinando Longobardi, ove si ricorda che questo altare era dedicato a San Michele Arcangelo:
D.O.M.
SACELLUM D. MICHAELI DICATUM
CUM ARA QUOTIDIE ORNATA PRIVILEGIO
A GREGORIO XIII P.M. XII KAL. IAN. MDLXXX PRIMUM CONCESSO
DEIN. CONSTITUTIONE BENEDICTI XIII P.M. XII KAL. AUG. MDCCXXIV ADPROBATO
POSTEA THOMAE FALCOIAE EPISC. STABIENS. DECRETO PRID. NON. MAIAS MDCCXXXI RECOGNITO
DENUM DIPLOMATE CONGREGATIONIS INDULGENTIARUM POSTRID. ID. IUL. MDCCLX IN PERPETUUM FIRMATO
FERDINANDUS THOMAE FIL. LONGOBARDUS U.I.D.
SIBI SUISQUE COMPARAVIT
Ai lati dell'altare gli stemmi gentilizi della famiglia Longobardi in marmo.
Cappella di San Francesco di Sales
Era di patronato della famiglia Cotticelli.
Al centro statua lignea di San Francesco di Sales con scritta: A.D.D. CHIERICI 1871-1893.
A destra tempera del Franciosa, datata 1932, con scena della vita del Santo; a sinistra altra scena della vita del Santo del De Nicola con la seguente scritta: A devoz. P. Vescovo Ragosta MCMXXXII.
Ai lati dell'altare stemmi marmorei della famiglia Cotticelli.
A terra sepolcro di Samuele Cotticelli con iscrizione in marmo senza data:
HAUD MORERIS TUA FATA MANINT TUA VITA PERENNIS
ATROPOS INCASSUM STAMINA MORTIS HABET
SPICULA QUID TENDIT? QUID NUNC EXTENSA RECIDET
FILA? TIBI VITAM QUAM CELEBREMQUE PARAT.
ILLUSTRANS MUNDUM PHAEBUS DUM CONSTITIT ALTO
IAM VILET: NOBIS NOSCITUR IPSE CADENS:
SIC TUA VITA SUIS DIRIS IACULATA SAGITTIS
SURGIT; NAM NOMEN FULGET UBIQUE TUUM.
SARCOPHAGUM STRUIS HUNC TIBI SAT VIRTUTE TUISQUE
NOBILIBUS: CONDET QUI CINERESQUE TUAS.
TU VIVES, SAMUEL; CRESCIT TUA FAMA SUPERSTES
STIRPS COTTICELLI SICUT OLIVA VIRENS
Cappella del SS.mo Crocifisso
Sull'altare il Crocifisso ligneo, forse del XVII secolo, è a grandezza naturale. Gesù ha il capo reclinato in avanti, verso la sinistra di chi guarda. Il corpo è longilineo di perfetta anatomia. Il perizoma è allacciato a sinistra di chi guarda; i piedi sono fissati alla croce da un solo grande chiodo; spiccano le due grandi ferite sul petto al centro e sul costato destro.
Sulla parete a destra statua lignea dell'Addolorata, del XIX secolo, una volta collocata nella Cappella che negli anni '20 fu trasformata in Ara Pacis. La statua, "a pupo", è collocabile tra la fine del '700 e gli inizi dell'800. La testa, le mani con le braccia e i piedi con le gambe sono scolpite in legno, il resto è un pupo anatomico di stoppa. Il volto della Vergine ha gli occhi di cristallo rivolti verso l'alto. La stoffa che veste la Madonna è recente, ma è antico il merletto in oro a filo a lamelle che riproduce un disegno di gusto neoclassico con fiori a tre petali e con palmette. Nelle grandi festività, cioè per le cerimonie del fasto drammatico del venerdì santo di un tempo, alla statua veniva fatto indossare un abito spagnolesco di seta nero ricco di ricami in oro.
A sinistra busto ligneo di San Biagio, forse del XIX secolo.
Da qui si accede agli appartamenti vescovili e all'antica sagrestia.
CROCIERA
BRACCIO SINISTRO
Cappella del Cuore di Gesù
Il braccio sinistro della crociera è dedicato al Cuore di Gesù.
Al centro statua lignea di Gesù dello scultore Reccia di Napoli. Il Redentore ha l'aspetto giovanile e il volto barbuto, indossa la veste rosa ed il manto azzurro, mostra il petto squarciato e il cuore fiammeggiante e raggiante.
Nella volta: il quadro grande è l'apparizione del Cuore di Gesù a Santa Margherita; il più piccolo rappresenta Gesù in mezzo alle turbe languenti.
Sulle lunette i simboli di alcune virtù che alludono al mistero dell'amore divino. Queste opere sono tutte di Vincenzo Paliotti (1891).
Ai lati del grande finestrone vi sono, sempre del Paliotti, affrescati Mosè ed Elia.
BRACCIO DESTRO
Cappella di San Giuseppe
Il braccio destro della crociera è dedicato a San Giuseppe.
Al centro statua lignea di San Giuseppe dello scultore napoletano Reccia. Il santo ha l'aspetto di uomo maturo, indossa la lunga veste viola e il mantello marrone. Il bambino Gesù indossa una lunga tunica bianca a mezze maniche. Il bimbo dorme e San Giuseppe lo guarda estasiato. Gruppo di grande effetto e di ottima fattura espressione della scultura tardo romantica dell'800 napoletano.
Nella volta affreschi di Vincenzo Paliotti del 1890 che rappresentano: il quadro grande la gloria di San Giuseppe; quello più piccolo il patrocinio del Santo proclamato dai Pontefici Pio IX e Leone XIII.
Ai lati del grande finestrone sono effigiati il re Davide e l'antico Giuseppe.
Crociera di destra
Cappella della Madonna dei Flagelli
Al lato destro dell'altare maggiore questa cappella, già intitolata Cappella del presepe.
Sull'altare statua della Madonna dei flagelli in legno e teloplastica del secolo XIX. Il volto, le mani e i piedi della Vergine e il Bambino Gesù sono in legno. La scultura "a pupo" è stata sostituita con la cartapesta. Opera di pregevole fattura di artista napoletano tra il '700 e l'800.
A sinistra tela del Ribera rappresentante la Natività o Presepe. Questa tela è simile ad un'altra, dello stesso autore, conservata al Museo del Louvre di Parigi. Soltanto che la nostra è a base orizzontale mentre quella del Louvre è verticale. Si ritiene che anche questa tela sia un originale riberiano e non una copia di bottega.
Recentemente questo dipinto é stato spostato nel braccio sinistro della crociera.
In basso, a destra, moderna sepoltura dei Vescovi (1925), con la seguente iscrizione:
IN PACE CHRISTI QUIESCUNT
HOC IN SEPULCRO
CORPORA PERILLUSTRIUM EPISCOPORUM
SANCTAE STABIENSIS ECCLESIAE
FRANCISCO COLANGELO ANGELI MARIA SCANZANI ALIORUMQUE
AB INASPECTATA SEPOLTURA TRANSLATA
KALENDIS AUGUSTI MCMXXV
FUTURAM RESURECTIONEM EXPECTANTIA
SISTE VIATOR PRO EIS DEUM DEPRECARE
[Traduz. Fermati viandante, in questo sepolcro riposano nella pace del Signore i corpi degli illustrissimi Vescovi della Santa Chiesa stabiese Francesco Colangelo, Angelo Maria Scanzano ed altri traslati da una nascosta sepoltura il primo agosto 1925 aspettando la futura resurrezione. Prega Dio per loro.]
Uscendo da questa Cappella incontriamo il monumento marmoreo a mons. Sarnelli dello scultore napoletano Francesco Ierace, inaugurato dal vescovo Michele de Iorio sabato 15 agosto 1914.
Cappella di San Michele Arcangelo
E' a pianta ottagonale con pavimento in marmi colorati.
Al centro, sull'altare, in una grande nicchia a fondo dorato, vi è l'antica statua di San Michele che si trovava nella Cappella del Santo su Monte Faito, forse opera del XVI secolo. Secondo la tradizione, però, questa sarebbe la statua di San Michele donata a San Catello da Papa Gregorio Magno nel VI secolo.
Alla parete di destra tempera di Salvatore Cozzolino che rappresenta San Pietro salvato dall'Arcangelo dalla prigionia. A sinistra tempera, sempre del Cozzolino, rappresentante San Michele che scaccia Satana dalla tomba di Mosè.
Nella volta affreschi del Cozzolino rappresentanti la scala di Giacobbe, la caduta degli angeli ribelli, gli angeli che chiamano i morti al giudizio, i tre angeli che si presentano ad Abramo prima di andare a salvare Lot da Sodoma.
Il coro ligneo, in faggio chiaro sottolineato dal marrone di tutte le cornici dei pannelli, porta inciso lo stemma del Vescovo Michele de Iorio. E' chiamato Coro d'inverno perché in questo ambiente piccolo e raccolto, rispetto al presbiterio, solo d'inverno era solito riunirsi in coro il Capitolo Cattedrale. E' stato certamente realizzato, su disegno di Giovanni Rispoli, tra il 1904 e il 1920.
Crociera di sinistra
Cappella del Santissimo Sacramento
Anticamente di patronato della Città.
E' a pianta ottagonale con pavimento di marmi colorati.
Al centro, sull'altare, in una cornice di marmi rari, una splendida Deposizione di Jusepe de Ribera raffigurante Cristo accolto dall'Eterno Padre con ai lati i due Giovanni: il Battista e l'Evangelista. Da alcuni questa tela è attribuita ad Andrea Sabbatini da Salerno.
Da notare il tabernacolo dell'altare centrale, opera del XIX secolo, realizzato in pietre dure di grande valore: agata di Sicilia, diaspro, lapislazzuli, inserito in un altare quanto meno del XVIII secolo.
A destra si nota un sacrario per oli santi del XVII secolo. In alto un dipinto che rappresenta la pesca di San Pietro, di ignoto della seconda metà del '700.
Sulla parete di sinistra ciborio datato 1518 del vescovo Pietro de Flores con la seguente iscrizione:
P. DE FLORES EP. STABIEN.
A.D. MDXVIII
In alto la cena di Emmaus, olio su tela di ignoto della seconda metà del '700.
Nella cupola ottagonale vi sono quattro dipinti del Paliotti, datati 1891, che rappresentano: l'ultima cena di Gesù con gli apostoli, la manna del deserto, il sacrificio di Melchisedec, l'angelo che porta il pane ad Elia sulla vetta dell'Oreb.
La Cappella è stata completamente restaurata nel 1996.
Cappella dell'Ara Pacis
Questa Cappella, già dedicata all'Immacolata, è sorta negli anni tra il 1924 e il 1928 per iniziativa del sacerdote Raffaele Vanacore e su progetto di Giuseppe Pandolfi.
Al centro si ammira la splendida Deposizione del Ribera, dono del conte Vincenzo Coppola al vescovo mons. Vincenzo Maria Sarnelli.
Sulle pareti i nomi degli stabiesi caduti nella prima guerra mondiale (1915-1918) scolpiti in ordine alfabetico su sei grandi lapidi in marmo, tre per lato.
Pende dal soffitto una lampada votiva, pregevole lavoro artistico degli operai del Cantiere Navale, datata: anno VII E.F. (1928).
A terra, al centro della cappella, lapide marmorea:
QUI
DOVE AMORE E GRATITUDINE
RICORDANO
I NOSTRI GIOVANI CONCITTADINI
SPARTANAMENTE MORTI
PER LA PIU' GRANDE ITALIA
NELL'IMMANE GUERRA MCMXV-XVIII
CITTADINI
I VOSTRI FIORI PIU' BELLI
LE VOSTRE PIU' FERVIDE PRECI
In basso sulla parete di sinistra è inciso:
SAC. R. VANACORE FAC. CUR.
ARCH. IOS.
PANDOLFI DIR.1924
Tutti i dipinti a tempera sulle pareti sono di Salvatore Franciosa (1925).
Nella cappella si notano sei moschetti, quattro elmetti, due grossi bossoli ed un cannoncino, tutti della prima guerra mondiale.
Il cancello in ferro che immette nella cappella porta inciso a sbalzo:
SANCTA ET SALUBRIS
EST COGITATIO PRO DEFUNCTIS
EXORARE
V. AVERAIMO
Altare Maggiore
Ai due lati del transetto stemmi marmorei del Vescovo Giuseppe Coppola (1749-1787).
L'altare maggiore composto di marmi colorati, sembra opera del XVIII secolo.
Sull'altare tela dell'Assunta del secolo XVII di Nunzio Rossi sormontato dalla scritta: VENI CORONABERIS. Gli Apostoli sono quasi a mezzo busto ed in numero di sette. I quattro di destra guardano in basso il sepolcro vuoto, i tre a sinistra fissano in alto la Vergine che è su di una nuvola, circondata in basso e ai lati da un gruppo di puttini e cherubini
Alle pareti laterali due tribune dorate con colonnato e gelosia sovrastante, arricchite da due tele rappresentati scene dell'antico testamento.
A destra tela di Salvatore Mollo (1778) rappresentante il sacrificio di Isacco.
A sinistra tela dello stesso autore (1778) rappresentante l'ancella Agar che vede agonizzare nei deserti di Bersabea il suo diletto Ismaele.
Il coro ligneo, recuperato nel 1880 dalla chiesa della Pace, è a due registri: il superiore per i canonici e l'inferiore per gli ebdomadari. Da notare che davanti ad ogni stallo vi è un piccolo anello di ferro nel quale veniva innestato un candeliere. Vi è, poi, una sputacchiera retrattile col serbatoio con polvere di gesso che da anni è stata chiusa ed inchiodata per motivi igienici.
Sulla cornice maggiore a chiare lettere si legge: ASSUMPTA EST MARIA IN COELUM; GAUDENT ANGELI. (traduz. Maria é assunta in cielo, gioiscono gli angeli)
La volta dell'abside contiene cinque finestroni nelle cui lunette, a fondo dorato, sono effigiati su cattedra bizantina cinque simboli della Vergine: Vas spirituale, Vas honorabile, Stella matutina, Rosa in Iericho, Lilium convallium.
Nella volta vi sono tre affreschi del D'Agostino (1888). San Giuseppe che dorme e Maria in contemplazione; la presentazione di Maria al tempio e la Madonna incoronata da Gesù. Al centro affresco di Maria che risorge dal sepolcro. Agli angoli i quattro dottori della chiesa greca: Sant'Attanasio, San Gregorio Nazianzeno, San Basilio e San Giovanni Crisostomo.
Dopo alcuni lavori di ripulitura attuati nel 1930, la Cattedrale è stata riparata in seguito al sisma che colpì la Campania nel 1980.
I testi sono © di Giuseppe D'Angelo 1998 - 2007
Le foto sono © di N. Longobardi e N. Lombardi
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