GIUSEPPE
D’ANGELO
FRANCESCO
PAOLO COPPOLA
della
Famiglia COPPOLA
1112 - 20
(Dieci
secoli di storia familiare)
©
1970 -
20
PREMESSA
Pippo
D'Angelo e Francesco Paolo Coppola, cugini senza saperlo, procedevano da anni
parallelamente ad esumare le memorie storiche della loro famiglia, la Coppola,
originaria di Castellammare di Stabia, strappandole dall'ineluttabile oblio del
tempo edace.
Ecco
come ricorda Francesco Paolo Coppola il loro primo incontro: «Era il 1985
quando dopo alcuni armi di ricerche sulla famiglia Coppola negli Archivi e
Biblioteche di Napoli avevo deciso di orientare le mie ricerche verso
Castellammare di Stabia. Infatti mi avevano riferito del nuovo Archivio Storico
Stabiese e quindi, essendo indispensabile per la mia ricerca consultare i suoi
documenti, mi accingevo, poco convinto, ad intraprendere una lunga e faticosa
ricerca fuori della mia città. Quindi una mattina di primavera di quell'anno
decisi di effettuare una prima ispezione del luogo e, preso il treno, mi avviai
verso la città stabiese. Il viaggio da Napoli non fu particolarmente lungo e
l'idea di poter trovare qualche documento importante mi manteneva in uno stato
di divertita agitazione che solo un appassionato può comprendere. Arrivato alla
meta domandai un po' in giro dove fosse l'archivio storico e con mio stupore
constatai la notorietà di questo sia pur giovane istituto. Arrivato a piedi
dopo qualche minuto nel luogo di studio, fui accolto da un simpatico impiegato
che mi illustrò un poco la storia e le finalità dell’istituzione, ovviamente
dopo questa accogliente ospitalità, non senza qualche imbarazzo visto la
rituale sufficienza che questo genere di studi provoca,decisi di spiegare i
motivi della mia ricerca e fu con mio stupore che l’impiegato divertito mi
avvertì che il fondatore de11'archivio storico l'avv. Giuseppe D'Angelo figlio
della nobile donna Lucrezia Coppola aveva già curato questo tipo di ricerca.
Decisi pertanto di prendere contatto con Pippo D'Angelo che simpaticamente
accolse questo parente di cui ignorava l'esistenza, e mise a disposizione una
gran messe di documenti antichi. Questo strano incontro ci consentiva di unire
perfettamente due piani di studio che avevano camminato quasi parallelamente:da
un lato la documentazione raccolta in Castellammare e dall'altro quella scoperta
presso l'Archivio di Stato di Napoli.»
La
nostra ricerca non era stata semplice, è difficile rintracciare delle fonti
documentali utili a chiarire le origini storiche di una famiglia, soprattutto
per risalire alle epoche più remote, lo studioso deve indagare tra quello che
resta degli atti notarili che specie in epoca medioevale erano molto comuni,
oppure deve solo sperare di rintracciare in qualche vecchio processo qualche
antica genealogia.
Pertanto
il nostro intento di ricostruire il più remotamente possibile la storia di
questo casato.presentava per i periodi più arcaici delle grosse difficoltà
acuite soprattutto dalla mancanza di documentazione dovuta alle barbare
devastazioni inflitte per rappresaglia all’Archivio di Stato di Napoli (A.S.N.) dalle
truppe dell'esercito tedesco in ritirata.
Nonostante
queste lacune attraverso enormi difficoltà siamo riusciti a ricostruire la
storia della famiglia Coppola sin dagli inizi del XIV sec. aiutati anche da un
prezioso processo rintracciato nella sezione giustizia de11’A.S.N. Questo
processo (purtroppo monco del primo volume) denominato: "Atti della
Cappellania di S. Catello Vetere" conteneva documenti che risalivano
addirittura agli inizi del XV sec. e riguardava una controversia insorta sul
diritto a rivestire la carica di Cappellano di San Catello, carica che competeva
ai soli discendenti della famiglia Coppola. Questo patronato detto
"Beneficio di S. Catello" era stato creato nel 1314 dal giudice Andrea
Longobardo e trasmesso ai discendenti di sua moglie che era di Casa Coppola, in
tutti i suoi diversi rami.
Altro
documento importante per la ricostruzione della genealogia del XIV e XV e XVI
sec. è stato il ritrovamento della trascrizione dei fuochi di Castellammare
(gli unici scampati al rogo del 1943) relativi alla famiglia Coppola, copiati
probabilmente nel XIX sec dal Marchese Vargas, rintracciati casualmente nei
manoscritti del Marchese Livio Serra di Gerace e attualmente conservati nella
sezione Archivi Privati dell'Archivio di Stato di Napoli. Sempre per questi secoli importanti notizie
sono state rintracciate nelle Carte Comunali conservate presso l'Archivio
Storico Comunale di Castellammare e nei documenti che si conservano presso
l'Archivio Storico Diocesano Stabiese.
Per
epoche relativamente più recenti poi, abbiamo utilizzato i registri
parrocchiali di Napoli e di Castellammare. Questi documenti furono redatti dalla
seconda meta del XVI sec in poi in virtù di una disposizione adottata dalla
Chiesa nel 1556 che, durante il Concilio di Trento, impose a tutte le parrocchie
della cristianità (probabilmente allo scopo di evitare matrimoni tra
consanguinei) di istituire ed aggiornare con sistematicità alcuni registri
parrocchiali, dove venivano raccolti i dati di tutti i decessi, i battesimi e i
matrimoni che si celebravano nel territorio della parrocchia. Ancora si sono studiati i documenti
dell'Archivio Privato Coppola e le Genealogie del Marchese Livio Serra di Gerace
che ricostruiscono la genealogia fino ai primi decenni del nostro secolo, le
Carte della Consulta Araldica Napoletana, gli Epistolari Italiani ed i Privilegiorum
depositati presso l'Archivio di Stato di Vienna, gli atti dello Stato Civile del
Comune di Napoli.
DEL
COGNOME
Il
cognome Coppola è molto antico e forse una delle ragioni della sua diffusione
in tutto il meridione è dovuta proprio alla sua antichità. In origine il nome
della famiglia era Coppa o dalla Coppa o Coppolata e si rintraccia già a
partire dal X Sec in diversi contratti così come viene unanimemente riportato
dai principali genealogisti del XVII e XVIII sec.
Il
chiaro riferimento dell'etimo alla Coppa fa rilevare il collegamento con il
Calice cristiano che era strettamente collegato agli ideali cavallereschi
medievali e pertanto si potrebbe ipotizzare una origine militare della famiglia.
Questo fatto oltretutto può essere desunto dallo stemma della famiglia.
Numerosi
genealogisti dal XVI sec. in poi hanno studiato la storia della famiglia Coppola
e formulato precise ipotesi sul probabile luogo di origine. E il dato che
accomuna tutti gli scrittori riguarda la provenienza geografica del casato e
sulla sua amalfitanità c’è sempre stato un unanime consenso.
Ed
infatti per cominciare con uno dei più famosi genealogisti napoletani, Carlo de
Lellis, già nel suo vasto studio "Discorsi delle famiglie nobili del Regno
di Napoli", opera stampata nel 1663, avanza l’ipotesi della comune
agnazione dei diversi rami dei Coppola e ne ritrovava l'origine nella città di
Scala che fu il primo nucleo di Amalfì.
Il
de Lellis forniva a prova di ciò degli indizi precisi e tra gli altri, in
particolare, il ritrovamento in quei luoghi dell’antico stemma di questa
famiglia in cui era raffigurata solo la coppa, prima dell'aggiunta dei due leoni
rampanti o dei gigli di Francia, integrazioni avvenute in epoche successive.
Invece
secondo il de Petri, autore della "Historia Napoletana", opera
stampata in Napoli nel 1684, in proposito era necessario fare una distinzione.
Infatti questa stirpe, a parere dell'autore, si divideva in due linee
principali, la prima distinta dai detti leoni rampanti originaria di Scala e
l'altra qualificata dai gigli di Francia che era invece di Amalfi.
Ventisei
anni dopo Carlo de Raho nel suo: "Peplus Neapolitanus” ribadiva
ancora la comune agnazione dei diversi rami dei Coppola e la loro estrazione
scalense. A questo punto essendo lo stemma
originario dei Coppola di Castellammare quello della Coppa sostenuta dai due
leoni rampanti indiscutibilmente possiamo ricondurre la loro fonte a Scala e
provare a scrivere le prime vicende storiche di questa famiglia attraverso gli
avvenimenti economici e sociali di questo paese.
LA FAMIGLIA COPPOLA
Secondo un'antica tradizione, riportata da tutti gli storici, la famiglia Coppola trae le sue origini dalla costiera amalfitana e precisamente da Scala. Negli anni 1112 e 1127, in due atti, vi è Theodonanda, figlia di Giovanni Coppola, che compra una proprietà sita in Pogerola loco nominato ad Ortellu; nel 1165 si parla della famiglia Coppola di Scala; nell'anno 1176 troviamo Castaldo, figlio di Leone Coppola, giudice di Scala e Leo, figlio di Ursone Coppola, di Scala.
Questa famiglia si divise in più rami. Uno si trasferì a Lettere, un altro a Napoli ed uno ancora a Castellammare di Stabia. Difatti in un atto del 10 agosto 1255 incontriamo il primo antenato stabiese: Palmerio Coppola giudice della città, che nel 1267 possiede beni sui quali gravano diritti regi. Nel 1270 Salvato Coppola è Portulano di Castellammare e il 22 aprile dello stesso anno Matteo e Jacobo Coppola prestano danaro al re (mutuatores). Il 7 luglio 1271 il Re concede a Thomasio Coppola, medico di Castellammare, il brevetto di perito nell'arte chirurgica (peritus in arte cirurgie). Il 15 giugno dell'anno 1281 troviamo Giovanni Coppola regio Fondachiere della Dogana del sale di Castellammare. Nel mese di marzo del 1290 Tommaso Coppola, figlio del giudice Palmerio, è padrone di una nave (notatur Thomasius Coppula de Castromaris dominus unius navis), nave costruita nel porto di Castellammare. Il 19 maggio 1296 si annota ancora Thommaso Coppola figlio di Palmerio e nello stesso anno 1296 è annotato un Venturello Coppola di Castellammare, il 4 e 30 dicembre 1312 Pietro Coppola che aveva un pezzo di terra a Scafati nel bosco detto Selva Mala e nello stesso anno vi è il giudice Laurenzo Coppola di Castellammare. Il 30 giugno 1324 è annotato Johanne Coppola di Castellammare che possiede un pezzo di terra vicino Scafati. Tommaso Coppola il 19 ottobre 1325 è soprintendente alla costruzione del Palazzo Reale di Quisisana.
LA
STORIA
Scala
ha un'antichissima origine, fu fondata da un gruppo di patrizi romani che
invitati dall'imperatore Costantino a popolare la nascente città di
Costantinopoli furono colpiti da una terribile burrasca nel mar Ionio e
naufraghi approdarono a Ragusi in Dalmazia. Dopo aver vagato lungamente,
giunsero sui monti Camensi dove si stanziarono fondando il primo nucleo di
Scala, così denominata per il difficile e ripido accesso. Questa vicenda rimase
cosi impressa nella coscienza della società scalense che, molti secoli dopo la
sua antica nobiltà, tra la quale era annoverata la famiglia Coppola, ancora
menava vanto della sua vetusta discendenza dagli antichi patrizi romani giunti
nel lontanissimo 340 d.C. e questa prestigiosa agnazione venne fissata ad
imperituro ricordo nell'aquila romana che sovrasta il motto: "Descendit ex
patribus romanorum" simbolo dello stemma del sedile chiuso della città.
L'importanza
di Scala in epoca Medioevale è testimoniata da numerosi storici che ne
sottolineano la sontuosità dei suoi palazzo, delle sue chiese dei suoi teatri,
la sua grandezza si estendeva per circa sei miglia, circondata di torri e di
solide mura, da essa trasse origine la stessa Amalfi. Questa città fu più
volte assediate e distrutta, il normanno Roberto il Guiscardo dopo aver
conquistato Amalfi nel 1073, la saccheggiò distruggendola e deportò molti
abitanti in Sicilia. Fu poi nuovamente devastata dalle truppe dell'imperatore
Lotario l (1135-1137) saccheggiarono nuovamente la sfortunata città, che
nonostante tutto fu nuovamente ricostruita e continuò a fiorire fino
all'invasione delle truppe francesi che capitanate da Androclo di Sant'Angelo la
saccheggiarono infine nel 1395.
Tutti
questi conflitti con gli invasori stranieri, con la vicina città di Ravello,
indussero le altre comunità scalensi a migrare verso lidi più sicuri nel corso
dei secoli XII-XV. Una di queste fu la famiglia Coppola che emigrò in diversi
tempi verso Napoli, Salemo, Lettere, Castellammare di Stabia ed in Sicilia.
Le prime notizie della stirpe della coppa nella città stabiese risalgono al 10 agosto 1255 con Palmerio Coppola giudice della città, che nel 1267 possiede beni sui quali gravano diritti regi. Poi nei Registri della Cancelleria Angioina, durante il regno di Carlo 1 d'Angiò, per l'anno 1269 leggiamo in quei volumi di nuovo di Palmerio Giudice Annale, di Matteo e Giacomo mutuatori e di Salvato Portulanotto della città. Nel 1270 Salvato Coppola è Portulano di Castellammare e il 22 aprile dello stesso anno Matteo e Jacobo Coppola prestano danaro al re (mutuatores). Il 7 luglio 1271 il Re concede a Thomasio Coppola, medico di Castellammare, il brevetto di perito nell'arte chirurgica (peritus in arte cirurgie). Il 15 giugno dell'anno 1281 troviamo Giovanni Coppola regio Fondachiere della Dogana del sale di Castellammare. Nel mese di marzo del 1290 Tommaso Coppola, figlio del giudice Palmerio, è padrone di una nave (notatur Thomasius Coppula de Castromaris dominus unius navis). Nel 1296 è annotato un Venturello Coppola di Castellammare, e nello stesso anno ancora Thommaso figlio del giudice Palmerio. Il 4 e 30 dicembre 1312 Pietro Coppola che aveva un pezzo di terra a Scafati nel bosco detto Selva Mala e nello stesso anno vi è il giudice Laurenzo Coppola di Castellammare. Il 30 giugno 1324 è annotato Johanne Coppola di Castellammare che possiede un pezzo di terra vicino Scafati. Tommaso Coppola il 19 ottobre 1325 è soprintendente alla costruzione del Palazzo Reale di Quisisana.
Quasi certamente il giudice Palmerio Coppola proveniva da Scala, poiché il figlio Tommaso é presente negli anni 1271, 1290 e 1296 a Castellammare, mentre nell’anno 1275, lo stesso Tommaso Coppola, insieme con i concittadini di Scala: Nicola Confalone, Alessandro d’Afflitto, Niccolò Freccia, Andrea Bonito, Matteo Rufolo, Nicola Acconciaioco, Ganizzo di Palma e Angelo Pironti, é tra i mutuatores che prestarono al Re Carlo I d’Angiò l’ingente somma di mille once d’oro, ricevendo come pegno la corona reale tempestata di pietre preziose.
Pertanto il ramo principale della famiglia Coppola é costituito da Palmerio che, ottenuta la prestigiosa carica di giudice in Castellammare, vi si trasferisce, insieme con tutta la famiglia, lasciando la natia Scala e dando origine ai Coppola di Castellammare, che nell'anno 1731 diventeranno conti del Sacro Romano Impero.
Dopo
queste notizie per circa un cinquantennio non abbiamo altre informazioni e
rintracciamo solo una annotazione nelle Carte della Curia Vescovile su Cristiano
Canonico nell'anno 1390 solo dagli atti della Cappellania di S. Catello sappiamo
che una Coppola aveva sposato il giudice Andrea Longobardo e che i Coppola erano
stati dallo stesso investiti del Beneficio della Cappellania di S Catello, non
abbiamo altre notizie per circa cinquanta anni perché il processo risulta monco
del primo volume ma alla pag. 102 del detto processo, si legge copia autentica,
datata 12 8 1492, del testamento di Goffredo Coppola. Con questo testamento
riusciamo a stabilire la partenza dell'albero Genealogico. Da questo atto
infatti ci risulta che il fondatore della casata Messer Marco Coppola (XIII
sec.) aveva avuto almeno due figli i Messeri Andrea e Romanello che erano
vissuti nei corso del XIV sec., e che quest'ultimo marito di Verita Vulpula era
padre di Goffredo, redattore appunto del detto testamento che a sua volta
sposatosi con una donna di cui ignoriamo il nome aveva avuto i seguenti figli:
Giovanni Arcidiacono, Francesco Medico, Ambrosino, Alessandro, Nicola , Agatio
ed una figlia , della quale il testamento non riporta il nome che aveva sposato
il notaio Alfonso Censone.
Risulta
ancora dal suo testamento che il nostro Goffredo aveva acquistato dal Vescovo
Nicola Anfora il terreno su cui fu poi edificato tra il 1440 e il 1470 il
terreno su cui sarebbe stato edificato poi il Palazzo Coppola in Castellammare
di Stabia.
Eredi
unici di Goffredo furono i figli Giovanni e Francesco anche se poi da atti
successivi del processo il Palazzo Coppola risulta intestato a Messer Antonello
Coppola. Purtroppo dagli atti di S. Catello non emergeva la paternità di
Antonello cosa che bloccava la nostra ricerca per i periodi più arcaici.
Sapevamo che Antonello era sicuramente un parente di Goffredo ma non risultava
come lo fosse. Fortunatamente grazie alla insperata scoperta delle trascrizioni
ottocentesche degli antichi fuochi
di Castellammare relativi ai Coppola, da dove per l'anno 1507 risulta testualmente al n°151:
" Berardino Coppola a[nni] 30 filius ex Andrea q[uonda]m Antonellus"
secondo una classica formula rinascimentale che negli atti pubblici antepone il
nonno ai padre. A questo punto l'attacco genealogico era fatto. Antonello era
figlio di Andrea, fratello di Romanello e nipote di Marco. Nei secoli XIV e XV i
discendenti di Marco Coppola costituiscono un casato sicuramente agiato,
certamente discendente di quei succitati banchieri immigrati da Scala nel XIII
sec. In tutti gli atti pubblici dell'epoca da noi consultati, i membri di questa
schiatta sono preceduti dalla qualifica nobiliare "Messer" ed
indubbiamente intrattengono importanti relazioni con i vertici della vita
pubblica e professionale della città, cosa
testimoniata anche dagli uffici amministrativi ricoperti. Ma nonostante la
posizione di rilievo sostenuta da molte generazioni questo casato, non essendo
originario di Castellammare, non era ancora inserito a pieno titolo nel sedile
dei nobili della città campana, aspirazione che i suoi membri realizzeranno
solo agli inizi del XVII sec. Invero l'inserimento in un sedile chiuso non era
cosa facile visto l'interesse delle antiche famiglie del seggio di conservare lo
status quo, la posta in gioco era molto alta,oltre al prestigio costituito dalla
appartenenza ai membri di questo consesso, vi era anche la conquista della
gestione monopolistica delle più prestigiose e lucrose cariche pubbliche.
Questo inserimento favorito nel contesto del positivo trend economico che
durante il corso del '500 favorì il potenziamento e la conseguente ascesa di
nuove famiglie stabiesi i cui interessi andavano ovviamente a scontrarsi con
quelli della vecchia nobiltà accentratrice che viveva viceversa una profonda
crisi politica e numerica dovuta principalmente sia alla partecipazione alle
imprese belliche della Spagna, sia alla scelta della vita sacerdotale necessaria
a preservare il maggiorasco, a questi due fenomeni bisogna aggiungere la vita
dissoluta condotta da molta parte della nobiltà espressione e causa ulteriore
della crisi vissuta da questa classe, crisi che verrà risolta mediante
l'aggregazione al sedile dei nobili di famiglie emergenti in modo da riempire
quei vuoti che si erano prodotti nei loro ranghi. A questo punto occorre un
precisazione.
Fin
dal 1514 la nobiltà stabiese asseriva di formare una piazza chiusa e pertanto
esercitava tutte quelle prerogative che avrebbero dovuto esserle proprie, tra ie
quali primeggiava quella di aggregare o non altre famiglie al sedile anche se
fornite di sentenza favorevole del Tribunale o di decreto regio di aggregazione.
Pertanto nel XVI sec. Messer Bernardino (1485-1564 c.) e suo fratello il
reverendo Paolo Coppola (1495-1591), pur essendo di "Generis
nobilitate" cosi come risulta anche dalla lastra tombale del nostro Don
Paolo oggi conservata presso 1'antiquarium stabiese, non essendo originari della
città risultano rappresentare il secondo ceto della città e gli stessi figli
di Bernardino, tra i quali ricordiamo il medico (a.m.d.) Scipione (1529-1589),
pur ricoprendo importanti uffici risultano ancora rappresentanti del secondo
ceto della città.
Anzi
lo stesso Scipione proprio nella qualità di eletto dei civili, insieme al
Sindaco di Castellammare interviene nel 1568 a difesa degli interessi di
Giovanni de Miro aspirante alla carica di tesoriere della città (carica
riservata esclusivamente alla nobiltà di sedile), questa controversia fu la
prima di una lunga serie nascenti dall'ambizione dei doviziosi gruppi familiari
che stavano prepotentemente richiedendo la compartecipazione alla gestione della
cosa pubblica. La ferma opposizione a questa aggregazione da parte della vecchia
nomenclatura stabiese fu motivata appunto dal fatto che il de Miro, pur essendo
nobile, non era originario di Castellammare bensì di Gragnano. Alle spalle del de
Miro in realtà c'erano diversi gruppi familiari che usarono questa vertenza
come grimaldello contro l'establishment stabiese. Ed infatti due anni dopo i
nobili sono costretti ad aggregare segretamente i cittadini più combattivi ed
influenti anche se poi questa deliberazione verrà annullata dal Sacro Regio
Consiglio si era comunque aperto un varco per nuove aggregazioni. Tornando ora
al figlio di Scipione, don Cesare Coppola (1559-1626), gli si può indubbiamente
ascrivere il merito di aver portato a compimento la crescita economica e sociale
del casato ed aver ottenuto il conseguente inserimento dei Coppola al Sedile
della città. 0vviamente la sua aggregazione al 1° ceto richiese un aspro
scontro con la nobiltà stabiese non disgiunto da un'abile politica
diplomatica. Ed infatti lo stesso è ammesso all'antica nobiltà stabiese nel
1615 con provvedimento del Sacro Regio Consiglio, ma che recepiva una dichiarazione dei nobili di
Castellammare che lo riconoscevano quale "nobile ex genere"
(Nobile per nascita). Cesare ebbe molti figli che ricoprirono le più importanti
cariche della città inserendosi pertanto nella più ristretta dirigenza della
città tra questi Antonio (1616-1679) che fu Eletto prima e Sindaco poi dei
nobili.
Nel
XVII sec. i Coppola avevano completato la loro affermazione a carattere locale
ed i forti introiti derivanti dall'occupazione delle principali cariche
pubbliche ed i redditi derivanti dalle enormi proprietà immobiliari e fondiarie
(basti pensare soltanto al monte Coppola) consentivano l'accesso alla nobiltà
della capitale e aprivano una nuova era per la famiglia.
Cesare
(1660-1704) figlio di Antonio compì il passaggio anche in virtù di un
importante matrimonio con Felipa de Almarza ultima discendente di un'importante
famiglia spagnola immigrata in Napoli. Con questa unione inoltre Cesare in virtù
del patto matrimoniale acquisisce il trasferimento del titolo di Conte di
Domenico de Almarza in capo al suo primogenito.
I de Almarza erano famiglia molto legata alla casa d'Austria ed il figlio di Cesare, Antonio, ebbe conseguentemente una forte entratura presso quella dinastia, soprattutto grazie allo zio conte Domenico de Almarza, un alto magistrato divenuto nel 1725 Reggente del Consiglio d'Italia a Vienna. Il conte Antonio Coppola, rientrato in Napoli grazie agli uffici ottenuti da Carlo VI d'Austria, ottenne la presidenza della Regia Camera della Sommaria e la Soprintendenza della Regia Zecca.
.
Ottenuta, poi, il 07.08.1729 la reintegra al prestigioso patriziato di Scala (Amalfi), il Conte Antonio curò il restauro dell’antica cappella trecentesca della famiglia Coppola nell’omonimo Duomo.
Gli studi attuali confermano senza dubbio che i Conti Coppola discendevano dal giudice Palmerio Coppola di Scala che aveva ottenuto la prestigiosa carica di giudice di Castellammare di Stabia, ciò però non esclude che i tre rami principali dei Coppola, Conti Coppola, i Duchi di Canzano e i Conti di Sarno abbiano una comune agnazione, provenendo tutti dalla città di Scala in costiera amalfitana.
Negli stessi anni, Antonio ottenne anche il patronato sulla Cappella Coppola nella chiesa di Sant’Agostino alla Zecca in Napoli, per successione della estinta famiglia Coppola di Coluccio.
Sempre
in quegli anni un altro Coppola, il tenente colonnello Rodolfo, brillante
militare di carriera, una vera e propria macchina da guerra, che aveva passato
la sua esistenza tra una battaglia e l'altra, otteneva il titolo di conte,
sempre da Carlo VI. Poco sappiamo dei dati anagrafici di Rodolfo; l'incendio del
1943 ha cancellato in Napoli quasi tutte le notizie, mentre è abbastanza
conosciuta la sua vita grazie soprattutto al ritrovamento presso l'Archivio di
Stato di Vienna di una richiesta di concessione del titolo di conte del 1723
nella quale era contenuta la sua biografia In base quindi ai pochi dati
genealogici in nostro possesso possiamo soltanto ipotizzare che fosse figlio di
Andrea Coppola (1663- ) del quale perdiamo le notizie da Castellammare poco dopo la
sua giovinezza. Comunque tornando a seguire la linea genealogica diretta veniamo
al conte Cesare (1715-1790), figlio unico del conte Antonio, la cui probità ed
intelligenza era tramandata ad esempio. Con Cesare i Coppola erano praticamente
entrati alla Corte Borbonica ed integrati ormai all'antica nobiltà napoletana .
Il conte Cesare fu un fidatissimo ministro Borbonico, i cui uffici furono sempre
apprezzati e questo d'altronde può essere rilevato dal grandissimo numero e dal
rilievo degli incarichi affidatigli. Con i suoi figli la famiglia raggiunse il
massimo dello splendore e potere: due Arcivescovi, un presidente della Sommaria,
un Ufficiale dell'Esercito di Spagna. Le discrete ricchezze in Roma, Napoli ed
in tutto il meridione erano state conservate per generazioni oculatamente. Ma
ormai il vecchio mondo arrivava lentamente alla sua fine. La famiglia Coppola andava a dividersi in due rami discendenti dai due figli di Cesare, il conte Antonio (1749-1827) e il cadetto don Francesco dei Conti Coppola (1754-1790) che probabilmente fece la domanda per il cordone di cadetto e ai cui discendenti sarebbe stato riconosciuto il secondo titolo di Conte. Inoltre quell'antica tradizione che vedeva nella nobiltà una classe con diritti feudali e ordine di stato si avviava lentamente verso il crepuscolo, soprattutto per la fine della tendenza all'accumulo di grandi ricchezze, esito dovuto alla scomparsa del monopolio ereditario nella amministrazione dei comuni e la fine della giurisdizione feudale. Ormai nel XIX sec. andavano affermandosi nuovi ideali volti a premiare gli uomini che non per nascita ma per meriti personali o proprie ricchezze erano in grado di influenzare il sistema istituzionale e sociale. La crisi nella famiglia Coppola si denota anche attraverso la lettura di un documento significativo. Si tratta di un processo incorso tra i figli di Francesco e lo zio conte Antonio, Il Conte era preoccupato appunto che l'eredità del fratello, l'Arcivescovo Don Domenico, morto nel 1807, andasse sovvertendo le regole del maggiorascato in favore dei nipoti Don Domenico (1789-1861) e Don Antonio (1788-1837) anziché a beneficio di suo figlio Cesare. Questo sospetto, impensabile qualche anno prima, alimentato dal fatto che Mons. Domenico aveva vissuto gli ultimi anni di vita nella villa del defunto fratello Don Francesco in San Giovanni a Teduccio, ed in considerazione che la sua morte era avvenuta a casa dei nipoti. Dal processo invero si dimostrò l'assoluta buona fede dei suoi nipoti ma la frattura era avvenuta e si rimarginerà soltanto sul finire del XX secolo ad opera degli autori di questo studio storico. Per tornare ora al ramo cadetto ricordiamo che dall'avv. don Antonio dei Conti Coppola nascono cinque figli che sono avviati per la gran parte alla vita religiosa e solo Don Filippo dei Conti Coppola viene avviato a proseguire la professione patema. Probabilmente fu proprio Don Filippo Coppola ad avviare un procedimento di riconoscimento di discendenza da Rodolfo Coppola. Infatti fino al 1840 egli soleva firmarsi come don Filippo de' Conti Coppola e dopo qualche anno modifica la sua firma in conte Filippo Coppola. Indubbiamente in quel breve lasso di tempo dovette ottenere un riconoscimento del titolo ed iscrizione ai Registri di Nobiltà del Regno di Napoli, titolo che successivamente risulta riconosciuto d'ufficio in tutti gli atti pubblico della Consulta Araldica Italiana. Purtroppo nell'incendio del 1943 bruciarono tatti i fascicoli presso la Reale Commissione dei Titoli di Nobiltà e ora esiste solo una probabile traccia del processo in una pandetta ottocentesca della Sezione Giustizia dell'Archivio di Stato di Napoli dalla quale risulta un procedimento denominato testualmente: "Famiglia Coppola per il riconoscimento di discendenza". Il conte Filippo Coppola costituisce il limite ultimo di un vecchio mondo che ormai mutava rapidamente. Egli continuò puntualmente ad osservare i dettami dell'antica nobiltà napoletana, ma già con i suoi figli si evidenzia un radicale cambiamento di mentalità. Il primogenito, il conte Antonio, rivoluzionò secoli di immutabili tradizioni studiando presso l'accademia di Belle Arti e sposando una borghese dalla quale ebbe due femmine. Il
secondo maschio, Vincenzo, invece sposò una nobile inglese ed ebbe un solo
figlio, Errico, che successe nel titolo allo zio. La vita di don Vincenzo
(1846-1881) fu molto breve. Di lui si ricorda particolarmente la sua fatale
passione per i cavalli. Ebbe poco tempo per educare il figlio Errico (1872-1961)
ed il compito della sua educazione passò al nonno conte Don Filippo, che crebbe
viziando il piccolo orfano con la conseguenza di abituarlo ad una vita
improduttiva e lussuosa. Di belle fattezze e di sicuro fascino, le donne furono
il principale interesse del Conte Errico. Egli amava il vezzo del monocolo, le
camice stirate in Inghilterra. La sua figura potrebbe essere interpretata con
l'immagine di quell'angelo che guarda indietro le rovine del passato ma è
trascinato ineluttabilmente verso il futuro. La
sua fu una storia comune a tanti aristocratici dell'epoca, abituati al lusso e
al dispendio, ma senza i privilegi che fino a pochi anni prima consentivano il
mantenimento di quel tenore di vita, venivano bruscamente chiamati ad un bagno
di realismo. In questa contraddizione vissero i figli di Errico Ormai la storia
era cambiata. Il fascismo si era affermato, poi la guerra ed infine il
referendum istituzionale del 1946 avevano completamente mutato il volto della
società italiana. Era inevitabile scegliere, non senza qualche resistenza, un
nuovo stile di vita più adeguato al mondo contemporaneo.
Il resto è storia recente.
Attualmente il titolo di Conte del S.R.I., per il ramo principale, spetta al Nobile Pierfrancesco Coppola, cavaliere di Onore e Devozione del Sacro Militare Ordine di Malta e Costantiniano di S. Giorgio delle Due Sicilie
e, per il ramo cadetto, al nobile avv. Francesco Paolo Coppola.